Il 24 febbraio, preceduto da violazioni nei sistemi informatici verso siti di banche e agenzie governative ucraine, un violento attacco informatico ha messo fuori uso un’infrastruttura satellitare di terra del satellite Ka-Sat, come comunicato del proprietario, la statunitense Viasat, precedendo l’inizio dell’offensiva militare russa.

Sebbene esperti e agenzie di intelligence non siano riusciti a provare una responsabilità diretta, si sospetta che questo cyberattacco sia da attribuire all’intelligence militare russa (GRU), benché le poche risorse di cui si deve disporre per tentare di compromettere un sistema e il grande sforzo necessario per difenderlo rendano l’utilizzo della “cyberwar” estremamente appetibile per molti attori, a fronte dei possibili ingenti danni e agli sforzi da parte degli Stati per prevenire e contrastare gli attacchi (per una “classifica” sulla capacità di reazione e prevenzione National Cyber Index).
Nello specifico, potrebbe trattarsi di un attacco di tipo “spillover”, cioè diffuso oltre i suoi scopi originari e che, oltre a interferire fortemente nelle comunicazioni proprio all’inizio della guerra, ha provocato una serie di danni collaterali che hanno coinvolto l’intero continente europeo.
Il satellite, infatti, era utilizzato sia dalle forze armate ucraine per comunicare, sia da numerose nazioni europee per l’erogazione di importanti servizi e la sua compromissione ha provocato diversi problemi, come nel caso del blocco (protrattosi per mesi dopo l’attacco) di numerose turbine collegate a pale eoliche in Germania.
Pericoloso strumento in ogni attuale e futuro contesto bellico, l’utilizzo degli attacchi “cyber” è una delle minacce probabilmente meno conosciute e sottovalutate, poiché lo spazio cibernetico non risente dei limiti geografici e temporali, con inevitabili conseguenze nel mondo reale e diventando una vera e propria minaccia per la sicurezza globale (per approfondimenti Cyberwarfare e Cyberspace – CeMiss).